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Nanni vede nero. Mi auguro che si sbagli di Tullio Kezich su Il Corriere della Sera

Se fra un mese avremo il governo della sinistra avanzo fin d'ora al presidente Prodi la modesta proposta di affidare la direzione dei servizi segreti a Nanni Moretti. Impossibile trovare un «secretante» più bravo del cineasta che per un anno è riuscito a non far trapelare nulla del suo film. E ora che il velo è caduto in un'affollatissima mattinata al Barberini di Roma, a salvaguardia dei futuri spettatori che hanno il diritto a godersi le sorprese del film, si avrebbe voglia di continuare a non anticipare granché. Purtroppo nella nostra società il bel gioco della riservatezza dura poco e i giornali pretendono le notizie.

Vediamo comunque di soddisfare qualche curiosità. Chi impersona Berlusconi? A parte che il nome fatidico viene pronunciato solo dopo mezz'ora, di Silvio sullo schermo ne appaiono l'uno dopo l'altro almeno quattro. Il primo è Elio De Capitani in una virtuale messinscena del «film nel film» intitolato Il caimano, quella che immagina il produttore Silvio Orlando leggendo la sceneggiatura della pellicola. Il numero due è Nanni Moretti, che rifiuta la parte perché sostiene in un'ammiccante autocritica che bisogna fare solo commedie. Il terzo è Michele Placido, un ex-contestatore già militante con Gian Maria Volontè e tuttavia pronto a tirarsi indietro. Il quarto è Berlusconi in persona in alcuni reperti fra i quali l'incredibile intervento all'assemblea del Consiglio d'Europa. In finale rientra uno dei rinunciatari e (colpo di scena!) fra tutti è quello che ha l'àplomb più irreprensibile. Sembra quasi che dopo anni all'opposizione l'autore di Il caimano voglia rendere omaggio a un personaggio che, piaccia o no, sta ormai nella storia.

La curiosità maggiore riguarda il giudizio complessivo: siamo di fronte a un'opera riuscita? Direi che sulle prime scene c'è di che restare perplessi: tutto quel parlare di cinema, quel muoversi fra finti film e vere persone dell'ambiente, quel ritrovare registi in prestito (Virzì, Sorrentino, Montaldo, Mazzacurati, Garrone e altri) o attori di nome che si concedono in gustose apparizioni fanno pensare a una faccenda riguardante un mondo di pochi. Vien quasi da dire «fatti loro», ma si è già emotivamente immersi nel naufragio del matrimonio fra Orlando e la brava Margherita Buy, preoccupati di come la prenderanno i bambini. Qui si affaccia il Moretti intimista di La stanza del figlio e il discorso va oltre l'affresco caricaturale. Spunta poi la ragazza Jasmine Trinca, la trepida esordiente che fortissimamente vuol girare questo film su Berlusconi e magari sarà la fatina che salverà il suo produttore dalla disperazione su tutti i fronti... O no? Domina la buffa e dilaniata figura di Silvio Orlando, candidabile a qualsiasi premio. Ex-fabbricante di horror con il conto in rosso e i progetti che non quagliano, il cineasta prepara un Cristoforo Colombo da realizzare con una caravella giocattolo, progetto che gli viene soffiato dall'onnipotente Aurelio De Laurentiis che lo umilierà facendo sfilare per le vie di Roma una mastodontica nave avviata a Tor Vajanica. Dove ad attenderla è proprio l'ineffabile Placido in costume da Colombo.

Apparentemente legato a un cinema di commedia gergale, Moretti sconfina volentieri nella metafora grandiosa o minimalista: come quella ricerca nevrotica che i bambini fanno di un'introvabile pezzo del Lego senza il quale non potranno mai essere felici. Se una volta si parlava del «Lubitsch Touch», oggi è lecito parlare del «tocco morettiano». Qui il nostro abbraccia in un solo sguardo la crisi del cinema, la crisi dei sentimenti e la crisi dell' Italia; ma cos'è che amalgama il tutto in una chiave più amara che dolce, sottolineata dalle ispirate musiche di Franco Piersanti? Nient'altro che il pessimismo apocalittico di un grande umorista che vede nero nel nostro futuro a onta delle possibili vittorie; e, in cauda venenum, con un finalino esplosivo da far venire i brividi. Cosa aggiungere, caro Nanni? Speriamo che ti sbagli.

24 marzo 2006