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E’ scomparso Padre Angelo Arpa,filosofo

  amico di Fellini, aveva 94 anni

 Un guru occidentale dal sorriso semplice

di Simone Casavecchia
 
 

“Lei è Padre Arpa?”  “ No, non so chi sia.”

Così aveva risposto una volta a chi fra la folla, al termine di una presentazione, lo aveva fermato per chiedergli un parere. Gli chiesi subito dopo il perché di una risposta così spiazzante, e lui tenero e fragile, mi disse deciso: “Chi sono io? Io sono la mia invenzione”. Dunque aveva pensato bene, chissà per quale motivo, di dire che no, non lo conosceva  Padre Arpa. Quasi a voler sottolineare uno sdoppiamento fra l’uomo di pensiero e il personaggio pubblico che suo malgrado era diventato negli anni. In particolare per la sua amicizia, giocata sulle corde dell’arte, con Federico Fellini.

Erano gli anni Cinquanta quando, al Festival di Venezia, Brunello Rondi lo presentò a regista riminese, che stava presentando il film “La strada”.

Da lì, per chissà quale alchimia particolare, nacque una profonda amicizia fondata sul reciproco rispetto, sul disinteresse di entrambi, ma soprattutto sul costante confronto culturale. Uno, Federico, gran parlatore e affabulatore, ma certo poco incline all’accademismo, l’altro, Padre Arpa, comunicatore sottile e soggiogatore di sguardi, con alle spalle decenni di studi filosofici legati ad un profondo temperamento artistico. Da questo incontro inizia idealmente l’attività pubblica di un religioso. Di un filosofo vicino al mondo dell’arte e del cinema.

Padre Arpa da quel momento inizia a frequentare Roberto Rossellini, aiutandolo nella realizzazione de film “Era notte a Roma”, di Pier Paolo Pasolini con il quale intesse un profondo dialogo storico filosofico, che porterà il regista a dichiarare: “Ogni mio film, da “Il Vangelo secondo Matteo” in poi, è stato visionato in montaggio da Padre Arpa altrimenti non usciva”.

E ancora l’amicizia sempre sulle corde dell’arte con Fabrizio De Andrè, fino al debutto teatrale, a Genova per iniziativa della “Fondazione Colombianum”, di Carmelo Bene con il suo “Caligola”.

Fino ad arrivare, intessendo un rapporto durevole ed esclusivo, a Federico Fellini. Raccontare gli aneddoti raccontati da Padre Arpa negli anni, o citare quelli riportati nei libri di storia del cinema, vissuti con il regista, è impresa ardua e per sua stessa natura limitante. Forse, per tutti, vale il più emblematico che riassume il loro rapporto volatile. Racconta Arpa: “Ero andato a trovare Federico a Ferrara dove era stato colpito da ictus. Fu un incontro breve ma molto denso di ricordi e suggestioni legate al luogo e alla circostanza. Parlammo molto con gli occhi, meno con le parole, quando Federico mi disse: “Angelo, ci conosciamo da tanti anni, abbiamo vissuto insieme tante battaglie per l’arte e per la vita. Ora che mi trovo qui, senza più la piena facoltà di volare con la fantasia, mi basta sapere che tu esisti”. Per Padre Arpa, che spesso aveva raccontato questo aneddoto privato, una frase così simbolica e forte aveva reso giustizia di tanti momenti difficili vissuti accanto all’amico.

Nel mondo dello spettacolo, quello che ormai sta venendo meno per motivi anagrafici, lo conoscevano tutti. Era una sorta di personaggio ombra, un’entità, qualcosa di mai visto. Eppure sempre presente nei discorsi e nei ricordi dei più.

Non per pochi è stato un “talismano” al quale riferirsi per questioni esistenziali ed artistiche. Per altri un semplice “guru occidentale” presago di luci future.

Tutta questa notorietà e rispetto culturale,  spesso umano, gli era dovuta dalle grandi iniziative intraprese negli anni Sessanta e Settanta, a Genova e poi a Roma.

Dapprima con la “Fondazione Colombianum” che animò il clima culturale genovese dei Sessanta e oltre con iniziative internazionali, prima fra tutte la grande mostra d’arte messicana a Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1962, e successivamente con il Festival cinematografico dell’America Latina con il quale intese creare, fra i primi, un’asse culturale fra Europa e America del sud.

Poi, negli ultimi anni a Roma, con la grande avventura della “Fondazione Interregionale Europa” che si propone di ripercorrere le radici e la storia del continente europeo attraverso i grandi personaggi che la hanno animata nei secoli.

Non è un caso che ha abbia iniziato il suo viaggio verso l’Oltre esattamente nel giorno della prima presentazione pubblica della prima opera filmica della Sua Fondazione Europa. Creatura  a lungo pensata, alla quale ha dedicato gli ultimi anni del suo pensiero: oggi quel sogno è un realtà operante ed attiva pronta a far proprie le energie del suo fondatore. Con le stesse tensioni e i medesimi ideali.

Mancherà a molti Padre Arpa, ai mille sparsi per il mondo che con lui hanno vissuto e progettato il futuro comune, dando vita a ipotesi giudicate impossibili da molti, specie dalle gerarchie di potere, e poi, inesorabilmente rivelatesi attuali, moderne e gravide di significati anticipatori. Una veggenza mai dichiarata, un modo di rapportarsi all’Umano semplice e schivo, lasciando a pochi intravedere il giusto e pieno significato delle sue ipotesi. Ipotesi sempre vibrate su tensioni alte e imprendibili.

Ho sempre immaginato che nel suo sorriso, sottile e invisibile, vi fosse un significato archetipo, un simbolo da decifrare: era così, e me ne accorgo ora. Era il sorriso di chi parla con il cuore annunciando grandi eventi, gli eventi della nostra esistenza sempre in bilico fra passione e tragedia.

E ancora una volta, era un pomeriggio di mezza primavera, passeggiavamo lungo le rive del Tevere dalla parte di Castel Sant’Angelo, quando, fermandosi repentino con gli occhi rivolti al cielo, mi disse: “spesso penso alla morte come normale esperienza dell’essere” ed aggiunse “quando non ci sarò più non cercatemi, né qui né lì, ma Oltre, e poi ancora oltre…..oltre dell’oltre”.

Con queste parole che oggi risuonano con cadenza triste, riassaporo tutta la serenità e l’insegnamento che un Maestro ha saputo dare. A me e a molti altri.

La sua grande lezione di libertà è questa: sparire, un giorno, e non cercarlo in nessun luogo, ma oltre. Dove l’ultima stella è anche la prima.

Ciao Angelo, grazie per sempre. Il tuo sogno vive nella tua Fondazione. Il tuo sogno vive in noi.

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